Chariton entrò a far parte della brigata Stella Rossa tra fine maggio e inizio giugno del 1944. Di lui non si conoscono i dati anagrafici, se non il nome di battesimo Chariton, passato poi alla storia come Karaton. Oggi l’immagine che abbiamo più vicina a lui è un identikit, realizzato dall’ispettore Giovanni Battista Rossi incrociando le descrizioni fisiche di Chariton fornite da tre partigiani. Chariton era un ufficiale sovietico dell’Armata Rossa, fatto prigioniero dai tedeschi in Urss e portato poi in Italia, forse per lavorare alle fortificazioni della Linea Gotica. È descritto come una «bestia d’uomo», alto e robusto, con gli occhi a mandorla e un’età compresa tra i 25 e i 38 anni. Molto probabilmente era kazako, e aveva una grande esperienza in battaglia. Sentiva il disonore di essere stato fatto prigioniero e di non aver combattuto fino alla morte, come imponeva il governo sovietico. Entrò per la prima volta in contatto con i ribelli nell’area di Monzuno, dopo essere stato ospitato a casa del partigiano Nino Benni. Al suo arrivo non è da solo, ma in compagnia di altri due uomini sovietici. Tutti e tre indossano la divisa tedesca e molto probabilmente si erano lanciati da un treno per sfuggire ai nazisti. Il personaggio di Karaton diventò a posteriori uno degli uomini più leggendari nella storia della brigata. Dimostrò presto il suo valore durante la battaglia di Monte Oggioli, tra l’Emilia e la Toscana: qui riuscì con un’abile mossa a cambiare le sorti dello scontro, evitando l’accerchiamento dei partigiani. E sempre qui, dopo aver ferito un ufficiale alla pancia, gli corse incontro, finendolo a colpi di pugni. Odiava i tedeschi, dai quali aveva subito diverse torture, aveva la schiena piena di cicatrici dovute a frustrate. Combatteva al grido di “Urrà Stalin” e durante l’eccidio, il 29 settembre 1944, guidò uno dei pochi scontri con i tedeschi per la difesa di Monte Caprara e di Monte Abelle. Nella sua compagnia c’erano anche due italiani: uno era Gino Mastacchi, che era l’interprete di Chariton perché conosceva qualche parola di russo, e il diciottenne Gastone Sgargi. Dopo l’eccidio, Chariton si unì alla 63° brigata Garibaldi (Bolero) e morì un mese dopo a Casteldebole, il 30 ottobre 1944, insieme ad altri 19 ribelli nel tentativo di raggiungere Bologna. Lasciò una moglie e almeno due figli. Il suo corpo riposa nel cimitero di Zola Predosa dal maggio del 1945 sotto il nome di Karaton. Mai nessuno è venuto a cercarlo in Italia. A Karaton è stata intitolata una strada a Casteldebole.