Ginetta Chirici seguì una vocazione che sapeva di moderno e, nel caso della sua famiglia antifascista, di rivoltoso. Una ragazza che voleva studiare poteva significare anche il volersi sottrarre al destino prevalente di moglie e di madre che il regime assegnava alla componente femminile del Paese. Studiare per insegnare, un mestiere che allora era ancora prevalentemente maschile, soprattutto nella fascia dei laureati. Studiare per insegnare ai più poveri, ai figli e alle figlie del popolo (si diceva così), che occasioni di studiare ne avevano poche o nessuna. Perché anche (se non soprattutto) in questo il fascismo aveva tradito. Aveva promesso emancipazione e imponeva sottomissione, aveva garantito ascensione sociale ed eguaglianza fra i generi e adottava tradizionalismo e sessismo diffusi.Quando sfollò con la famiglia lungo la valle del Setta nel 1942, Ginetta con entusiasmo e convinzione si mise a “fare scuola” fra i casolari contadini della zona, soprattutto per le ragazze semianalfabete o illetterate del tutto. Aveva diciotto anni. Nelle settimane successive all’8 settembre e con la costituzione della brigata partigiana Stella Rossa, conobbe Mario Musolesi “Lupo” e incominciò una non meno impegnativa e di certo più pericolosa attività di staffetta (mentre il più giovane fratello Renato sarebbe entrato direttamente nella gruppo partigiano). L’iscrizione all’Università le consentiva di recarsi a Bologna, senza dare sospetto, tre volte la settimana. Poteva così prendere e portare informazioni nella e della vallata, oltre che segnalare i movimenti delle truppe di occupazione, le iniziative dei fascisti repubblichini locali, le persone che andavano e che venivano, riportare voci e indiscrezioni o, semplicemente far pervenire ai partigiani vettovagliamenti. Era in grado di allargare il raggio delle informazioni fino alla città, ai comandi resistenziali superiori, ai centri decisionali nazi-fascisti.Non sappiamo se la sua attività di staffetta fosse nota agli stragisti dell’autunno ’44, se, magari, ne vennero a conoscenza proprio nei giorni del rastrellamento eliminazionista. Quel che è certo è che Ginetta Chirici fu massacrata il 5 ottobre, dopo che appena pochi giorni prima, ferita, era stata curata dagli stessi tedeschi.Il 19 aprile 1995 Ginetta Chirici è stata laureata “honoris causa” in Scienze dell’Educazione alla memoria dall’Università di Bologna, come studentessa, come ribelle, come resistente. Come i professori universitari che non giurarono fedeltà al fascismo per confermare il loro incarico, come coloro che non fecero dello schermo dorato dell’intellettualità l’occasione per sottrarsi a un dovere etico e civile, qualunque rischio comportasse, così è stato per la giovane maestra Ginetta Chirici, che nel sapere vedeva una libertà per tutti, un riscatto per gli asserviti, una giustizia per i violati. Un pensiero dolce e forte che si mostrò più saldo dei colpi di mitraglia che posero fine alla sua vita.Il suo nome lo si trova in Piazza del Nettuno, presso la chiesa di S. Stefano, a Villa Spada a Bologna e in una via di Pistoia e di Monzuno.