Un binomio non inusuale nell’Italia del dopoguerra. Nino Benni venne eletto nello schieramento di sinistra che allora si ispirava all’immagine di Garibaldi, a segnalare una sorta di ripresa e rinnovamento delle istanze più radicali e trasformative della società presenti nel Risorgimento ottocentesco e nella vicenda italiana fino alla prima guerra mondiale.Un accostamento che certo non gli deve essere spiaciuto, con gli studi classici ancora non troppo lontani. Un altro elemento che occorre rimarcare è, infatti, la giovane età del nuovo sindaco, appena 23 anni.La guerra nel territorio era stata particolarmente insistita e feroce. L’avanzata dell’autunno 1944 su quella che si chiamerà Linea Gotica si era arrestata proprio su quei monti, con il torrente Setta e l’asperità di Monterumici a segnare il mobile confine tra i due eserciti in lotta, fino all’offensiva finale dell’aprile 1945. Le conseguenze per l’economia locale, le infrastrutture, le condizioni di vita materiali e morali della popolazione erano state terribili, innestandosi su un panorama precedente tutt’altro che florido.I compiti della nuova amministrazione locale democratica si presentavano immani, a partire dalla pura sussistenza di un numero non piccolo di abitanti (senza contare l’ancora consistente presenza di ordigni inesplosi, lo stato pessimo della viabilità, la necessità di dare un assetto stabile alla macchina comunale, in presenza di una soluzione non compitamente formalizzata e pacificata della sede del municipio fra Monzuno e Vado).Possiamo dire che Nino Benni affrontò tutti questi problemi, e gli altri che si presentarono, con spirito ciellenistico, nonostante la tendenza alla contrapposizione fra gli schieramenti che la nascente guerra fredda diffondeva ovunque. Il rimarcare lo scontro politico non gli si addiceva. Ciò che lo assillava maggiormente era come far fronte ai i grandi temi della miseria e del bisogno conseguente di assistenza, dominanti particolarmente nei primi anni di governo del Comune. Si impegnò ad affrontarli con determinazione, anche senza guardare troppo a procedure e linee guida prefettizie, incorrendo, per questo, in qualche rilievo formale da parte delle autorità superiori (in particolare per la distribuzione alla popolazione bisognosa del grano e delle farine), a testimonianza di una “generosa capacità” che gli fu generalmente riconosciuta.Nel 1954 lasciò l’incarico, a soli 34 anni.Una lapide scoperta in sua memoria a Trasasso nel 2003 ricorda la sua doppia esperienza di combattente per la libertà e di primo cittadino del Comune.